Bibl.: “L’Osservatore Romano”, Venerdì 13 Giugno 2003, Terza Pagina

Giovanni Armillotta
IL "GIUDIZIO" DI PISA E LA CAPPELLA SISTINA

«Nella celebre mano alzata, l’invito all’attesa della misericordia – Dopo oltre tredici anni di analisi, ricerche, e continuo lavoro, e rispettando le previsioni di tempo fatte all’inizio dell’impresa, lo scoprimento del grande affresco del “Giudizio Universale”, mette fine al complesso, e coraggioso intervento di restauro sull’opera pittorica di Michelangelo Buonarroti nella Cappella Sistina. Iniziato nel 1980 con la pulitura ed il restauro delle lunette, proseguito poi con quello della Volta, ed infine con quello del Giudizio (1990, nda), il complesso lavoro è oramai concluso dopo oltre tredici anni».
Con queste parole l’8 aprile 1994 «L’Osservatore Romano» annunciava la riapertura al pubblico della «grande tragica scena, raffigurante l’ultimo atto dell’umana avventura», scoperta il lontano 31 ottobre 1541 (per altri autori, la vigilia di Natale dello stesso anno).
Ma non è a tutti noto che per quell’immortale capolavoro Michelangelo – stando alle affermazioni di Adolphe Napoléon Didron (Iconographie chrétienne, Parigi, 1843) – prese spunto nella sua figurazione, specie per l’atteggiamento del Cristo, da un affresco conservato nel Camposanto Monumentale pisano, conosciuto come il “Giudizio” di Pisa (già gravemente danneggiato dalle devastazioni belliche).
Attribuito dal Vasari ad Andrea di Cione detto l’Orcagna, questa tesi ha resistito fino al XIX secolo quando è stata respinta nel 1864 dal Cavalcaselle e poi dal Berenson, i quali propendevano per Pietro ed Ambrogio Lorenzetti, finché il Supino ed altri (Meiss, Salmi, Colletti, ecc.) conferirono la paternità al pisano Francesco Traini.
Successivamente Longhi e Lavagnino (1936) videro un chiaro influsso del fratello dell’Orcagna, Nardo, ma il Toesca (1951) e il Carli (1958) assegnarono l’intero ciclo del Giudizio, Inferno, Trionfo della Morte e Storie degli Anacoreti ad un anonimo Maestro emiliano. Solo agli inizi degli anni Sessanta, pare sia stata chiusa la questione attribuendolo a Bonamico Buffalmacco.
Ma al di là di attribuzioni, paternità e dispute, ancora una volta ci troviamo di fronte a Pisa città d’arte, scrigno di ineguagliabili gemme, ispiratrici di opere eterne.

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© Giovanni Armillotta, 2003