Bibl.: «L'Arno», Pisa, VII (1994), N. 11 (17 dicembre), p.6

Giovanni Armillotta
LIVORNO, ESEMPIO ARCHITETTONICO-URBANISTICO DEL TARDO RINASCIMENTO
Presa a modello in Francia, Inghilterra, Boemia e Polonia

Spentosi, nella sangallesca villa di Poggio a Caiano, il granduca Francesco Maria (1574-87), il fratello Ferdinando I (1587-1609) pensò subito di completare e perfezionare i lavori per la nuova Livorno, già avviati da Francesco, chiamando un competente di eccezione a dirigerli, l'Ingegnere Supremo dell'Imperatore Rodolfo II, cioè Claudio Cogorani, oggi ignoto anche nella sua Parma: autore del secondo piano regolatore di Livorno del 1587 (il primo fu siglato da Bernardo Buontalenti il 31 ottobre 1576).
Il Cogorani (nato il 12 giugno 1554) venne a Livorno col Duca di Clarence; il suo casato deriva dall'inglese Cochran per cui venne chiamato Cocorrano e pure Cucurrano. Valente capitano-conte elevò fortificazioni in Mitteleuropa (Fiandre, Ungheria, Boemia, ecc). Dai Farnese di Parma, passò agli Estensi ed a Venezia, finché divenne Ingegnere Generale del Granduca per le costruzioni di Livorno (ove lavoravano più di 5 mila operai) «fatte con larghezza di vedute e senza risparmio di spese» nonostante pochi anni dopo venisse a cambiare il ruolo di questa base navale che da militare passava a commerciale, divenendo così nel Sei-Settecento il porto attivo e rinomato che tutti sappiamo. Il Nostro si spegneva il 19 giugno 1618 all'età di 64 anni.
Nei nuovi ed ingenti lavori di costruzione della città e del porto, il Cogorani fu affiancato sapientemente da un Consiglio Livornese che il Granduca stesso riuniva e presiedeva nel palazzo mediceo della Fortezza Vecchia. Cioè da una specie di Commissione Urbanistica o di Piano Regolatore; ma tanto più decisa e competente, se dopo due o tre lustri la nuova Livorno era cosa fatta (la Darsena Nuova escavata in soli cinque giorni!), coi suoi 5-600 stabili «tutti nuovi». Case popolari per una città proletaria, nella quale non potevano sorgere quei palazzi che si vedono nelle vetuste consorelle toscane.
Livorno è poi singolare perché «così poco toscana» (James); essa infatti «sta a sé» in Toscana dove le città maggiori sono state Capitali (Pisa, madre del Mediterraneo; Lucca, capitale della Tuscia che si estendeva a quasi tutta l'Italia peninsulare; Siena ebbe pure il suo grande Stato finché Firenze non lo distrusse violentemente).
Livorno appare "diversa" anche nel più sommario aspetto d'insieme: le città toscane sono (urbanisticamente) "romantiche", medioevali, dalla forma urbis serrata, irregolare, flessibile, perfino contorta, sposata al territorio, mentre Livorno è invece "classica", aperta, regolare; inflessibilmente impostatasi sul territorio che pure aveva una certa storia ed un chiaro carattere. Una città non sorta spontaneamente, inavvertitamente, diremmo "naturalmente" come tante altre, ma sorta "artificialmente", deliberatamente, per precisa e decisa volontà di un capo di Stato, previdente e coraggioso, e secondo una chiara sicura ideazione di egregi architetti. Pertanto Livorno non presenta un interesse artistico per opere singole ma piuttosto per tutto il suo insieme: non è città di architetture varie, ma di un'unica edilizia. È in piccolo, come Parigi, "città urbanistica", mentre le consorelle sono più simili a Roma, "città architettonica".
Il Cogorani aggiunse la Fortezza Nuova, le Mezze-lune e Piazza Grande – al posto del semplice incrocio della via Cardinale con la via Decumana previsto dal piano regolatore del 1577 – col nuovo Duomo a fundamentis (com'era scritto nella facciata, prima della guerra), in quanto il precedente era sorto invece sui residui muri della chiesa longobarda di Porto Pisano.
Piazza Grande, veramente bella ed espressiva, ispirò subito altri urbanisti del tempo, specie stranieri, come Louis Metezeau che tracciò, similmente, la grande PlaceRoyale (oggi Vosges) di Parigi; come il fratello Clément che disegnò la Place Ducale di Charleville (e tutta questa città sul modello di Livorno) mentre a Londra, Inigo Jones progettavala piazza del Covent Garden pur essa simile a Piazza Grande (almeno finché non sorse il Mercato nel suo centro!).
Questi interessantie garbati episodi di urbanistica tardo-rinascimentale, concretatisi finanche all'estero, denunciano la già rilevata vocazione architettonico-edilizia della Toscana granducale e sono meritevoli di studi più ampi, profondie specifici.
La venuta del Cogorani creò un certo addentellato fra Livorno e la Città d'Oro che si specchia nella Moldava. Praga infatti fiorì stupendamente sotto Rodolfo II presso cui l'architetto parmense prestava anche la sua mirabile opera. Un'ulteriore capitale slava risentì dell'esperienza labronica: il grande architetto livornese Antonio Corazzi (1792-1877) fu illustre urbanista a Varsavia: il Prof. Bieganski ha scritto una biografia in polacco in suo onore, la cui traduzione è tuttora introvabile, semmai effettuata.
Per chi volesse informarsi su architettura ed urbanistica nonché curiosità storiche – senza scoraggiarsi fra immensi volumi ed opere enciclopediche – consigliamo l'esaustivo saggio di Alberto Simonini Un po' di Livorno (95 pagine e numerosissime fra illustrazioni, piante e cartine), pubblicato il 28 marzo 1977 da Gli Amici di Livorno, in occasione del 400° anniversario della Città.

Index

© Giovanni Armillotta, 1998