"METODO", N. 16/2000

Giuseppe Clericetti
(Musicologo)
IL VESPRO DELLA BEATA VERGINE DI CLAUDIO MONTEVERDI

Nigel Rogers
(Direttore d'orchestra)
LA QUESTIONE DELLE "CHIAVETTE"

Il Vespro della Beata Vergine di Claudio Monteverdi (g.c.)

Le pagine polifoniche composte da Monteverdi (1567-1643) per il Vespro mariano furono pubblicate nel 1610, insieme ad una Missa de Cappella a sei voci. La Messa è costruita sul mottetto In illo tempore di Nicola Gombert – compositore fiammingo vissuto due generazioni prima di Monteverdi – e anche stilisticamente fa riferimento ad un passato musicale, a quello che già allora veniva chiamato "stile antico"; il Vespro è invece in tutt'altro stile, quello moderno, "concertato", audacemente impiegato in tutte le sue possibilità, dove – sullo sfondo di una coerenza impressionante e mai tentata prima di allora (l'uso del cantus firmus per legare i vari movimenti liturgici cantati) – il contrasto la fa da padrone.

Differente è la destinazione delle due composizioni, secondo indicazioni presenti già nel frontespizio della pubblicazione: la Messa è per i cori delle chiese, il Vespro per le cappelle private o per le camere dei principi. Dietro la pura indicazione dei destinatari si celano distinzioni di vario genere: di carattere professionale (cantori/cantante e strumentisti virtuosi), di prassi esecutiva (coro numeroso/solisti), di ricezione musicale (ambiente chiuso e tradizionalista/luogo di sperimentazione sonora). Nonostante l'evidente superiorità del contenuto musicale del Vespro rispetto alla Messa, nella raccolta a stampa esso viene situato in seconda posizione. La maggiore attenzione per la Messa è forse da attribuire alla dedica al Papa di turno (Paolo V), al rappresentante cioè della tradizione; certo è che la pubblicazione del 1610 rimane emblematica della situazione della musica sacra di quell'epoca, a cavallo tra due stili, e testimonia come Monteverdi, digerito e assimilato lo stylus antiquus, stesse clamorosamente aprendo le porte della modernità nella musica sacra e non solamente in quella profana.
I riti iniziali, il canto di cinque salmi, preceduti ciascuno da un'antifona in gregoriano, ripetuta alla fine di ogni salmo, un inno, e il Magnificat, anch'esso con un'antifona, seguito da un mottetto e dai riti conclusivi (vedi Nigel Rogers).
Monteverdi, nella stampa del 1610, pubblica i cinque salmi, l'inno, il Magnificat, nonché cinque "concerti", brani vocali-strumentali che apparentemente non risultano funzionali alla liturgia del Vespro. Ma sappiamo che la liturgia secentesca, in occasione di vespri solenni, prevedeva che la ripetizione dell'antifona dopo i salmi e dopo il Magnificat fosse sostituita da brani polifonici che facessero riferimento alla festa da celebrare, oppure da Sonate strumentali. Così l'ipotesi oggi unanimemente accettata suggerisce che quattro dei cinque "concerti" di Monteverdi debbano essere stati scritti per sostituire altrettante antifone: farebbe eccezione un solo "concerto", il Duo Seraphim, il cui testo fa riferimento alla Trinità e non alla Madonna: esso potrebbe essere la geniale conclusione della "festa" musicale del Vespro, forse in sostituzione del Deo gratias finale.
La posizione del Duo Seraphim nella stampa del 1610 (che contraddirebbe questa ipotesi) è d'altronde considerata dalle recenti ricerche frutto di un malinteso tra compositore ed editore: ciò invita a spostare un altro "concerto", la Sonata sopra Sancta Maria, il brano strumentalmente più elaborato di tutti, nella posizione privilegiata dell'antifona conclusiva per il Magnificat. Due le opzioni esecutive dell'interprete odierno: l'integrazione delle pagine di Monteverdi con brani della pratica liturgica vigente nel Seicento, oppure l'esecuzione pura e semplice dei brani polifonici pubblicati nella raccolta del 1610. In ciascun caso la grande bellezza, e la profonda spiritualità, frutti del genio di Monteverdi, non ne risentono!

La questione delle "chiavette" (n.r.)

Da molti anni assistiamo ad una polemica tra musicologi e musicisti sulla questione delle cosiddette "chiavette", le chiavi alternative usate nella musica vocale del Rinascimento per evitare i tagli supplementari fuori dal pentagramma. Di norma una composizione vocale scritta in chiavette dovrebbe venir eseguita trasportata di una quarta inferiore con bemolli in armatura, o di una quinta inferiore con diesis in armatura. La pratica cominciava a cade- re in disuso intorno al 1600 con l'uso di strumenti per l'accompagnamento dei cantanti e il sorgere del basso continuo.

Nel Vespro di Monteverdi vi sono due esempi dell'uso di chiavette: il salmo Lauda Ierusalem e il Magnificat. Sappiamo che i cantanti non seguivano sempre la regola summenzionata, trasponendo di volta in volta solo di una seconda o di una terza. Nel caso del Lauda Ierusalem ho scelto la trasposizione di un solo tono non solo perché è la trasposizione migliore per le voci, ma anche perché così il passaggio con il Concerto che segue (Sonata sopra Sancta Maria) è più piacevole.
Il Magnificat presenta alcuni problemi in più: dal punto di vista degli àmbiti vocali e strumentali alcuni dei singoli movimenti richiederebbero una trasposizione, altri no. Nelle registrazioni fino ad oggi effettuate si opta per l'esecuzione del Magnificat così come è scritto, o la trasposizione di tutto il Magnificat di una quarta inferiore. Le due posizioni mi sembrano troppo estreme: c'è una soluzione semplice ed efficace, pratica piuttosto che teorica. Non è necessario trasporre tutto: Monteverdi ha composto in maniera tale il Magnificat che lo si può anche eseguire solo parzialmente trasposto e l'ascoltatore non è mai cosciente di un cambiamento di tonalità.
Nella mia versione del 10 ottobre 1993 (Lugano, Studio RSI) si iniziava e si finiva nella chiave scritta; così come scritti sono anche l'Et Misericordia (3.5, troppo grave se trasposto) e il Suscepit Israel (3.9, scomodo per i soprani) e il Sicut locutus est (3.10); tutto il resto viene trasposto una quarta inferiore (i numeri 2 e 11 diventerebbero scomodi per i tenori, i numeri 7 e 8 per i cornetti).
Nel primo barocco si constata che non tutta la musica scritta in chiavette veniva automaticamente trasposta, soprattutto in presenza di strumenti obbligati e basso continuo. Nella parte di bassus generalis del Magnificat leggiamo le indicazioni di registri per l'organo: nel n. 5 l'uso della Voce Umana sarebbe impossibile se trasposto.

Delle antifone che precedono e seguono i salmi e il Magnificat nel Vespro eseguimmo solamente quelle che precedono. Il Vespro fu scritto probabilmente per una celebrazione a Mantova, prima che Monteverdi si recasse a Venezia: l'uso della fanfara con la quale inizia il Vespro potrebbe essere un'indicazione di un uso cerimoniale e non solamente liturgico.

Credo che i Concerti del Vespro, pensato come celebrazione importante, servano come sostituti nelle antifone che nella funzione seguono i salmi. Nel Magnificat, per il quale manca un Concerto conclusivo, pensai di sostituire l'antifona di chiusura con l'Ave Maris stella: con ciò si torna nella chiave di re con la quale il Vespro è iniziato.