Anno CXLVIII, Gennaio 2015, pp. 124-125

 

RECENSIONE A «LA PERFIDA ALBIONE» DI ROBERTO FESTORAZZI (2014)

 

di Patrizio Rapalino
(Capitano di Vascello in servizio attivo, designato a ricoprire l'incarico di Addetto per la Difesa a Tripoli)

 

Sapevate che Stalin incoraggiò l'entrata in guerra dell'Italia a fianco della Germania allo scopo di affrettare il crollo della Gran Bretagna dopo la caduta di Parigi? Ovviamente, in cambio, il dittatore sovietico avrebbe voluto il via libera alla sua espansione verso l'area balcanica, gli stretti turchi e il Mediterraneo, ossia lo "spazio vitale" su cui da sempre l'orso russo o sovietico ha le sue mire di espansione strategica.

Sapevate, che per fare crollare questi accordi tra dittature di opposto colore, già concretizzatesi con la spartizione della Polonia, anche Churchill avrebbe preferito che l'Italia entrasse in guerra a fianco della Germania? Come è possibile? Come potrebbe la Gran Bretagna rimasta da sola a contrastare la Germania vittoriosa sul continente europeo desiderare che un altro Paese, tra l'altro posizionato nel bel mezzo del Mediterraneo, entrasse in guerra contro di lei? Churchill l'avrebbe voluto a patto che si trattasse di una finta guerra, in cui l'Italia, invece di attaccare i possedimenti britannici nel Mediterraneo e in Africa, si fosse diretta verso i Balcani e la Grecia, in modo da rompere i pericolosi accordi tra Stalin e i dittatori fascisti. L'obiettivo strategico raggiunto brillantemente da Churchill fu quello di orientare l'energia distruttiva tedesca verso est, ossia lo stesso obiettivo perseguito da Chamberlain con minore fortuna, ma con la stessa perfidia.

Non si tratta di fantastoria, ma di tesi ben documentate dall'autore sulla base di documentazione d'archivio in parte inedita e in parte oscurata in quanto considerata non politicamente corretta dai vincitori. Forse uno dei primi storici a mettere in dubbio buona parte delle leggende e luoghi comuni su cui ancora si basano buona parte dei libri scolastici distribuiti nella totalità delle scuole europee, per cui alla vigilia della Seconda guerra mondiale il mondo si divideva in buoni e cattivi, fu Renzo De Felice nella sua enciclopedica opera su Mussolini. Ma nonostante la pubblicazione, sulla scia di questo grande storico, di numerosi lavori di ricerca ancora in gran parte in fase di studio, in quanto molto materiale d'archivio non è ancora o è accessibile da poco tempo, l'interpretazione più corretta dei fatti storici resta troppo confinata agli ambienti accademici. L'immaginario collettivo crede ancora che la guerra sia stata provocata esclusivamente dalla follia collettiva dei nazisti, che la politica di appeasement di Chamberlain fu un errore e che il mondo libero venne salvato da Churchill, il quale rifiutò qualsiasi compromesso con il dittatore nazista e decise di combattere fino alla vittoria per la libertà non solo del suo popolo, ma anche di quello europeo. Mussolini, nel contesto, fu soltanto un gangster, uno sciacallo, che a guerra quasi finita, voleva la sua parte di bottino. Su Stalin, si preferisce non approfondire troppo e su Roosevelt ci si limita a chiedersi se è vero o meno che sapesse qualcosa sulla preparazione dell'attacco a Pearl Harbor.

Quando poi, grazie a infattibili investigatori come Festorazzi, che non si limitano a consultare gli archivi di Stato italiani ma ricercano la documentazione anche all'estero e in fondi privati, come l'importantissimo e sconosciuto carteggio di Raffaele Riccardi, ministro del Commercio Estero ed eminenza grigia della politica estera italiana dal 1939 al 1943, il quadro di insieme cambia e i giudizi tra buoni e cattivi sfumano, ci ricordiamo finalmente che la politica estera persegue gli interessi nazionali e non la «vittoria del bene sul male» e della «democrazia» sui «totalitarismi».

Festorazzi, il quale in Italia e in Europa, è forse uno dei più esperti ricercatori di relazioni internazionali nel periodo tra le due guerre mondiali, in questo libro mette ancora una volta in luce che in politica estera e in guerra «l'inganno» fa parte del gioco. Soprattutto chi non ha la forza effettiva per conseguire i propri risultati deve sapere ingannare. Quindi non c'è da meravigliarsi se l'Italia, nonostante l'adesione al Patto d'acciaio, avesse in corso accordi per rifornire di armamenti la Gran Bretagna e la Francia. Del resto, l'autore, che conosce bene anche la guerra civile spagnola, pur non avendolo messo in luce in questo lavoro, saprà benissimo che Hitler non soltanto riforniva di armamenti il Generale Franco, ma anche il Governo rosso di Madrid, pur di allungare la guerra nella penisola iberica più a lungo possibile. L'ambiguità di Stalin nell'aiutare la Spagna, nel rifornire di petrolio l'Italia e nell'occupare la Polonia orientale è nota. Meno noto è il fatto che tra la politica di Chamberlain e di Churchill non ci sia stato questo grande cambiamento di rotta al punto che anche Churchill, fintanto che la Germania non attaccò l'Unione Sovietica, allargando la guerra, lo statista, come il suo predecessore, non si chiuse mai alle spalle la possibilità di trovare un compromesso con la Germania di Hitler, contro il cui regime totalitario l'establishment britannico non ebbe mai nessuna ideologica forma di contrarietà. Al contrario, l'autore dimostra che la Gran Bretagna, retta da una sorta di oligarchia feudale, formata tutt'ora dall'aristocrazia e dall'alta borghesia, considerava meno pericoloso il nazismo e il fascismo al comunismo staliniano contro la quale si fece ogni sforzo per dirottare le forze corazzate tedesche. La vecchia e declinate casta inglese non si fece scrupolo ad abbandonare la Francia al suo destino imbarcando a Dunkerque il proprio esercito lasciato intatto da Hitler il quale non vedeva l'ora di trovare un accordo con l'Impero britannico a spese del resto del continente europeo.

Pertanto, in questa politica di inganno di tutti contro tutti, secondo l'autore, riuscì a vincere la guerra chi, dopo secoli di abitudine a mantenere il proprio dominio, sul principio del divide et impera seppe muoversi senza scrupoli trasformando l'arte dell'inganno nella più bieca «perfidia», ossia quella che oltre a portare alla vittoria, falsifica la memoria storica, offrendo anche se solo ai più creduloni, l'idea di avere combattuto per una giusta causa una guerra, evitabile, che hanno voluto soltanto i cattivi.

 

Roberto Festorazzi, La perfida Albione. L'Inghilterra e le sue segrete connessioni con Hitler e Mussolini
 Edibus , Vicenza 2014, 574 pp., 22,00 €

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