Bibl.: «L’Arno», Pisa, VII (1994), N. 10 (19 novembre), p. 9

Giovanni Armillotta
DOMENICO LUIGI BATACCHI: ULTIMO POETA “BERNESCO” TOSCANO
Poeta letto da Goethe e Foscolo

Il termine “bernesco” deriva dal poeta rinascimentale Francesco Berni (1497-1535), e sta ad indicare la maniera satirica e burlesca del suo scrivere e di coloro che a lui s’ispirarono. Domenico Luigi Batacchi nacque a Pisa nel 1748, o ’49, nel quartiere di Kinzica (San Martino). La famiglia era patrizia, ma versava in disagiate condizioni economiche, a causa di un padre donnaiolo e giocatore. Basso di statura, grasso, con il codino, vestito con giubba di cammellotto e il capello a tre punte, col sorriso malizioso e gli occhi neri, ebbe come primo insegnante l’abate Merciai, nelle scuole di San Michele in Borgo e, se le condizioni famigliari glielo avessero consentito, avrebbe certamente continuato gli studi all’Università.
Lavorò come gabelliere alle porte di Pisa, dove standosene nella guardiola (in specie a Porta Nova), componeva le Novelle galanti del Padre Atanasio da Verrocchio e dell’eruditissimo Padre Agapito da Ficheto, che vendeva a quattro o sei scudi l’una al libraio di Bologna (incominciò a pubblicarle a Pisa nel 1791 in dispense periodiche)
Oltre alle ventiquattro Novelle, Batacchi compose pure il poemetto Zibaldone (postumo, Parigi 1805), vivace rappresentazione della società toscana in fine XVIII sec.; ed il poema giocoso La Rete di Vulcano: uno schizzo satirico dei costumi italiani del Settecento, che dipingeva eroticamente le delizie delle alcove (postumo, Milano 1812, con la falsa data di Siena 1779). In questi lavori è presente lo spirito irriguardoso di Aristofane, Marziale e Berni, con cui attacca indistintamente ogni persona che gli si presenta, senza rispetto per alcuno.
Grazie alla sua opera, Batacchi nel 1788 fu proclamato Arcade pisano col nome di Pasiteo Laerzio nella pubblica riunione tenuta dall’Accademia dei Polentofagi. Gli accademici si radunavano in casa del medico e letterato Francesco Masi in via Tavoleria, con gli stessi propositi della celebre Società del Caffè di Milano.
Da quella compagnia di amici, sorse l’idea dell’accademia letteraria. Di essa facevano anche parte: De Coureil (noto per le sue accanite polemiche col Monti), Domenico Anguillesi e Tito Manzi anima del gruppo, che fu poi soppresso dal governo granducale.
I personaggi dei poemi di Batacchi sono pisani, com’anche quelli della novella La vita e la morte di Prete Ulivo. Di questa novella che, a detta anche di Goethe, è la «sola producibile», Batacchi scrive all’amico Migliaresi: «Prete Ulivo è una novella che in compagnia di quella di Buchettino della Menandugia [...] è stata conosciuta dac hi l’ha letta [Goethe], avendo mostrato di applaudire alla maniera con cui è stata decorata e vestita una insipida e inconcludente novella». Fondamento della novella è un racconto popolare di origini tedesche. Batacchi fu anche apprezzato dal Foscolo.
Egli faceva tesoro anche delle chiacchiere udite per strada. Alcune di queste novelle giravano manoscritte per le mani di amici ed erano recitate nelle riunioni, sopprimendovi con cautela i passi osceni. Pure per questi motivi i suoi lavori venivano pubblicati in clandestinità: le Novelle stampate erano inviate segretamente da Firenze a Pisa per Arno in un navicello. E nel 1799, per aver composto alcuni discorsi democratici, scritto un epigramma contro il gen. Naselli ed acclamato l’Albero della Libertà eretto a Livorno, fu sospeso per quasi tre anni dall’impiego. Vi rientrò sei mesi prima di morire: trasferito ad Orbetello ad amministrare le Regie Rendite dei Presidi. In quella zona insalubre, morì all’età di 51anni l’11 agosto 1802; è sepolto nella Chiesa Maggiore di Orbetello. Negli anni ’920 qualcuno voleva intitolargli almeno una via, poi ripiombò ingiustamente nel dimenticatoio.

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© Giovanni Armillotta, 1998