Bibl.: «L’Arno», Pisa, VII (1994), N. 5 (14 maggio), p. 10

Giovanni Armillotta

I VINCOLI ULTRAMILLENARI FRA PISA E LA CORSICA
E proprio a Pisa nel maggio 1930 fu fondato il movimento còrso di liberazione nazionale, ed il 30 dello stesso mese la bandiera còrsa fu fatta sventolare per la prima volta in pubblico a Livorno

 

Il ruolo civilizzatore di Chiesa, Comune e cultura pisani

Sulle relazioni con la Corsica alcuni storici sostengono che fino all’epoca romana già frequenti dovessero essere i contatti tra il Porto pisano e l’Isola. Conquistata da Pisa nel 725, ufficialmente il dominio pisano risale al 1078, quando papa Gregorio VII (1073-85) diede poteri di legato apostolico al vescovo Landolfo. Trascorsi quattordici anni, Urbano II (1088-99), su istanza della contessa Matilde, confermò le concessioni gregoriane tramite la bolla Nos igitur, conferendo nel 1092 a Daiberto il titolo di Arcivescovo, assegnandogli come suffraganei i vescovadi còrsi. All’amministrazione ecclesiastica seguì l’autorità politica e commerciale del Comune, ed anche dopo la disfatta della Meloria (1284), il nome e i segni della signoria pisana si fecero sentire a lungo. Anzi, Pisa, unica fra tutti i governi che dominarono l’Isola, ha lasciato tutt’oggi una memoria indelebile. Ponti, chiese, strade e ospedali testimoniano l’impronta pisana e motivano un affetto conservato nei secoli. Il fiorire medievale di una civiltà schiettamente italica si riflette soprattutto nell’architettura, che trae dalle costruzioni di Pisa (S. Sisto, S. Pierino, S. Piero a Grado, ecc.) i modelli più armoniosi per le chiese locali. Le cattedrali di Nebbio, Mariana, S. Michele di Murato, S. Giovanni di Càrbini, S. Nicoladi Pieve e molti altri edifici di culto attestano ancora che solo all’influenza pisana dobbiamo le migliori costruzioni romaniche còrse, conservateci purtroppo non sempre integre ed immuni da aggiunte posteriori. Sempre in campo religioso, è ben noto che i vescovi indigeni erano suffraganei dell’Arcivescovo pisano, riconosciuto per tradizione Primate di Corsica e Sardegna. Pure nel tempo della dominazione genovese, presso l’Arcivescovado di Pisa ebbe sede un collegio per seminaristi còrsi e attualmente si conserva nella Curia, un interessantissimo materiale documentario sulla vita dell’Isola nei suoi rapporti con Pisa.   Il problema della lingua   La toscanizzazione dell’idioma, della toponomastica, dell’onomastica, fu compiuta esclusivamente da Pisa. Quella che i Còrsi chiamano convenzionalmente “lingua” in contrapposizione al francese, non è altro se non il linguaggio dantesco del Due e Trecento con chiaro influsso di toscano arcaico temperato di sardo. Una ricca varietà di canti popolari, proverbi, filastrocche, stornelli all’uso toscano sono tuttora vivi.

L’Università di Pisa e il Risorgimento

Anche l’influenza politica non scomparve del tutto nei secoli delle occupazioni genovese e francese: nella Pisa dei Medici e dei Lorena, l’Ordine di Santo Stefano ebbe trai suoi cavalieri nobili còrsi come Farinola, Ornano e Bonavita Capezzale. Ma è soprattutto l’Università che nei tempi a noi più vicini, rappresentò il faro di attrazione per tutti i giovani studiosi isolani.
Sino a quasi tutto il XIX sec. Pisa fu l’unica città universitaria della Corsica. Basterà ricordare tra gl’illustri scolari: Carlo e Giuseppe Bonaparte, il poeta Salvatore Viale, il dottor Antonmarchi – medico a Sant’Elena di Napoleone –, l’erudito Carlo Gregori, il grande igienista Pietrasanta, medico di Napoleone III. Tra rettori e docenti: Angeli, Farinola, Pozzo di Borgo, ecc.
All’indomani della sconfitta nella battaglia di Pontecorvo (9 maggio 1769), per sfuggire al giogo francese, la gran parte dei sostenitori di Pasquale Paoli si rifugiò a Pisa. Ed in tutto il Risorgimento moltissimi furono i Còrsi che studiarono a Pisa, prendendo parte alle società segrete ed alle manifestazioni politiche organizzate in Sapienza e nello storico Caffè dell’Ussero. Tutto ciò ha basi documentarie negli archivi della polizia granducale – detta del Buon Governo –, ma soprattutto è glorificato dalla partecipazione di alcuni studenti còrsi alla battaglia di Curtatone e Montanara, ove cadde gloriosamente Vincenti di Isola Rossa, e ferito Lombardi di Ajaccio.

La rinascita dell’irredentismo

Una parentesi triste ed oscura caratterizzò in seguito la vita politica dei Còrsi, ormai sempre più orientati verso la Francia – la quale, di fronte all’Italietta dalle “mani nette”, seppe contrapporre un’abile strategia di denazionalizzazione. Però nel 1919, Petru Rocca fondò ad Ajaccio il giornale «A Muvra» (il muflone), e nel marzo 1922 il Partito Còrso d’Azione, intorno al quale si raccolsero i nazionalisti. Con «A Muvra» la consapevolezza politica della gente còrsa si perfezionò e in un certo senso prese coscienza. Il fine aperto della lotta era la difesa del dialetto-lingua italiano e delle tradizioni locali; ma in realtà il programma andava ben oltre in quanto – ispirandosi a Pasquale Paoli – l’autonomismo fu auspicato come primo passo verso l’irredentismo in favore dell’Italia (cui la Corsica appartiene fisicamente e culturalmente). Questo deciso orientamento degli indipendentisti, fu senza dubbio posteriormente incoraggiato dal regime fascista, interessato ad opporsi con ogni mezzo al governo di Parigi. Tra coloro che apertamente accolsero l’appello primo fra tutti si segnalò Marco Angeli di Sartèna. Dal 1919 al 1924 collaborò alla «Muvra» con poesie e articoli antifrancesi: pubblicò il primo romanzo in còrso che sia mai stato scritto (Terra còrsa) e liriche dialettali (Malincunie), editi nel 1924 ad Ajaccio. Parallelamente svolse un’intensa attività politica e propagandistica come primo segretario del PCdA, e con la direzione del periodico «Gioventù», organo della sezione giovanile del partito. Nel maggio 1923, attratto dal prestigio della nostra Università si diresse a Pisa. Un anno dopo, l’aperta attività antifrancese gli procurò le prime persecuzioni, che culminarono nel rifiuto del passaporto per l’Italia, dove giunse fuggendo di nascosto su di un piroscafo italiano. Nel 1925 gli fu negato il rinvio militare per motivi di studio (unico esempio in Corsica), e dal 1926 considerato disertore. Laureatosi in medicina continuò la sua attività politica in favore della secessione. A Pisa e Livorno sfidò apertamente le ire francesi mostrandosi in manifestazioni pubbliche e sventolando la bandiera bianca col moro bendato (Livorno, 30 maggio 1930).

Il movimento politico còrso

1930: i tempi sembravano maturi, e si pensò a dirigere ufficialmente l’attività irredentista. Nel frattempo due strade centrali furono intitolate alla Corsica (ex via San Sisto) e a Pasquale Paoli (ex via della Carità). Il 30 aprile l’Università organizzò una conferenza internazionale sulla Corsica. La precedente nascita, in Pisa, delle prime associazioni còrse, invogliò i membri a costituire – ai primi di maggio – il Gruppo Studentesco d’Azione Còrsa, che il 24 dello stesso mese teneva il primo congresso. Nell’agosto gli aderenti (con i quali operava la sezione femminile) assommavano a un centinaio. In un secondo tempo per l’adesione da ogni parte d’Italia di elementi anche non studenteschi, si passò alla ridenominazione in Gruppi d’Azione Còrsa, con la Direzione Nazionale a Pisa presieduta da Angeli (vi faceva parte anche l’illustre pisanista Tito Antoni). Fra il 1930 ed il 1931 si contavano già un migliaio d’iscritti fra le sezioni di: Arezzo, Asti, Belluno, Bologna, Carrara, L’Aquila, Lucca, Macerata, Piombino, Pisa, Ragusa, Reggio di Calabria, San Sepolcro, Scandicci, Scicli, Senigallia, Siracusa, Torino, Trento,ecc. I mai sopiti legami fra la città e l’Isola, le secolari tradizioni patriottiche dell’Ateneo, i contributi universitari alla Grande Guerra, fecero senza dubbio di Pisa l’ambiente ideale per la proclamazione dell’irredentismo còrso. Successivamente, l’avvicinamento politico fra Italia e Francia – culminato nel 1935 – condusse allo scioglimento della suddetta organizzazionee ad una fase d’arresto dell’agitazione propagandistica, che solo in periodo bellico risorse altrove e con altro nome (vedi stampa locale del maggio 1940).

Gemellaggi e dimenticanze

A questo punto ci chiediamo come mai si preferisca gemellare la nostra città con amene ma misconosciute cittadine francesi, dimenticando che i nomi di Corsica, Ajaccio, Bastia, Pontenuovo richiamano la pisanità da mille anni di storia!

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© Giovanni Armillotta, 1998